giovedì 5 giugno 2008

Rifiuti? adesso a napoli sono "clean"


Oggi sul Corriere del mezzogiorno(nella pagina "Lettere e opinioni" appaiono in evidenza due articoli.
Uno a firma del presidente della nostra associazione e l'altro a firma di Vincenzo Improta, segretario del sindacato forense di Napoli(ma anch'egli socio fondatore di Pangea Blu e membro del direttivo dell'associazione).
Li riportiamo di seguito sperando che possano innescare una discussione proficua anche nel nostro blog.....

«Gomorra» e il decreto rifiuti
(di Luca Stamati da il Corriere del Mezzogiorno, 05-06-2008)
Caro direttore, nel bel film «Gomorra», tratto dal best seller di Roberto Saviano, la scena del rappresentante della camorra che si offre di smaltire in discariche abusive in Campania i rifiuti pericolosi prodotti dall'azienda dell'industriale del Nord, attraverso certificazioni false di falsi trattamenti, accogliendo positivamente la preoccupazione dello stesso industriale che chiedeva se tutto fosse «clean», sembrava un po' troppo romanzata.
Nella realtà napoletana, dopo gli arresti domiciliari della vice di Bertolaso e di altre 24 persone, tra le quali anche amministratori e dipendenti della «Fibe» e del commissariato straordinario ai rifiuti, almeno a stare alle intercettazioni pubblicate dai giornali, sembra che la modalità di smaltimento raccontata nel film venisse allegramente praticata anche nelle discariche ufficiali gestite dallo Stato.
E quando abbiamo letto il comma 2 dell'articolo 9 del decreto sullo smaltimento dei rifiuti in Campania, approvato dal Consiglio dei ministri tenutosi a Napoli, abbiamo immediatamente pensato al «clean» del film.
Quel comma infatti prevede che alcuni rifiuti pericolosi e nocivi vadano riclassificati come smaltibili in discarica, per cui da dopo l'approvazione del decreto governativo quei rifiuti che non è possibile smaltire in altre parti d'Italia perché considerati pericolosi, potranno essere smaltiti tranquillamente in Campania e non in discariche abusive gestite dalla camorra ma in discariche pubbliche gestite dallo Stato e presidiate dall'esercito. Più «clean» di così?
Dalle pagine di questo giornale Luigi Caramiello ha preferito leggere in quell'episodio e nelle parole del dialogo tra il colletto bianco camorrista e il suo assistente che decide di non continuare ad essere complice di una condotta criminale nei confronti della sua terra la rappresentazione di un banale «luogo comunista», un vecchio e ormai antistorico luogo comune che addossa ai meccanismi dello sviluppo capitalistico e alle leggi del mercato l'arretratezza e i guasti della Campania non capendo che è proprio per l'assenza di quei meccanismi che si condanna Napoli e il Meridione ad essere la pattumiera d'Italia.
Dovremmo allora dedurre che una cellula «in sonno», composta da un numero insospettabile di comunisti e rivoluzionari guidati dal noto doppiogiochista internazionale, il comunista Sean Pean, si sia insediato a Cannes e ne abbia approfittato per premiare il film «Gomorra»?
Mentre Salvatore Prisco ci ha svelato, sempre dalle colonne di questo giornale, l'iniziativa da parte dei pm napoletani che nella foga ingenua di difendere l'autonomia dell'azione giudiziaria e penale dalla politica e dalle sue compatibilità e senza tener conto dell'emergenza ha firmato un documento di critica al decreto governativo che sospende a Napoli la legislazione ordinaria, rendendosi involontari complici degli interessi più o meno leciti di chi non vuole risolvere l'emergenza rifiuti in Campania.
Come sempre la realtà supera la fantasia!
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L'inutile ricerca del grande borghese napoletano
(di Vincenzo Improta da il Corriere del Mezzogiorno, 05-06-2008)

Caro direttore, Giuliano Ferrara ed Angelo Panebianco cercano il «grande borghese» napoletano a cui affidare le sorti della nostra città dolente. Ma la ricerca non sarà facile e le spiego le ragioni. La prima è che le culture cattolica e socialista hanno creato un humus identitario per il quale, come ricorda John Fowles, la borghesia è « la sola delle tre caste sociali che per continuare clicca su ("leggi tutto"))sinceramente ed abitualmente disprezzi se stessa». Risulta perciò raro che qualcuno rivendichi e dichiari apertamente di essere un borghese.
La seconda è che la particolare e ambigua democrazia inveratasi nel dopoguerra a Napoli ha assegnato, in nome della questione meridionale, alla politica, all'azione collettiva e alla spesa pubblica il ruolo centrale nella società. Ha quindi affidato a questi strumenti il compito di sancire, e molto spesso a prescindere dal merito, il successo di imprese e di professionisti.
La politica, i partiti, e l' amministrazione pubblica con i «fiumi» di danaro che hanno gestito e manovrato hanno cioè limitato fino a neutralizzarla, l'autonomia dei singoli e dei gruppi. Imprese assistite, cooperative fasulle, politici travestiti da professionisti, e in questa veste nominati ai vertici della sanità o insigniti del ruolo, cospicuamente remunerato, di consulenti o saggi. Per non parlare poi degli studiosi aggiogati al carro della coptazione universitaria, e dei funzionari di stato divenuti « partigiani politici».
La terza ragione, per la quale risulterà davvero difficile trovare il «grande borghese» è che alla competizione umana, al confronto agonistico e di mercato come campi per la selezione e criterio per la distribuzione della ricchezza e degli onori, si è preferito organizzare la selezione delle classi dirigenti sulla base del conformismo ugualitario e dell'adesione al politicamente corretto.
Tutto questo si è iscritto nella storia della nostra città, dove la regola è sempre costituita dalla prevalenza dell' eccezione sulla norma, ed ha finito col generare un particolare ordine sociale spontaneo in cui agiscono individualità opache ed irresponsabili.
Ristabilire il primato della norma sull'eccezione, del merito sulla cooptazione, della responsabilità (doveri) sul bisogno (diritti), della creatività e del dissenso sul conformismo, insomma, in una parola, restaurare il ruolo ed il primato della borghesia resta un obiettivo auspicabile, ma lontano.

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