venerdì 29 maggio 2009

Vi prego ..leggete questa triste storia..vi chiedo solo 2 minuti!


Ho letto su la repubblica,edizione napoletana,di oggi un articolo chemi ha lasciato senza parole.
Provo un profondo senso di smarrimento e angoscia allora ho deciso che la cosa migliore sia far conoscere questa triste,banale e tragica storia a quanta più gente possibile.
Dedicate 3 minuti della vostra attenzione alla lettura dell'articolo in questione...
"Nessun soccorso per il mio Petru in agonia" La moglie del romeno ucciso: "L´ambulanza solo dopo mezz´ora"

"Se era italiano sarebbe stato diverso, a noi ci lasciano morire così..."
CRISTINA ZAGARIA


«Per 5 minuti ha parlato. Per 10, mi ha guardato fisso negli occhi e, quando io gridavo, lui scuoteva la testa e mi stringeva più forte la mano. Per mezz´ora il corpo di mio marito Petru è rimasto per terra e nessuno ha fatto niente. Ci guardavano tutti e c´era anche chi mi scattava fotografie. È arrivata un´ambulanza, ma non era per noi era per il bambino ferito. Due feriti un´ambulanza sola... per l´italiano». Un´accusa. Lunga trenta minuti. Mirella è spaventata e arrabbiata. Mirella ha poco più di vent´anni ed è la moglie di Petru Birlandeanu, il romeno ucciso per errore a Montesanto. Mirella fuma e piange. Fuma e si preme le mani sulla testa. Fuma Winston blu e si accuccia per terra, seduta sul cordolo dell´aiuola davanti all´obitorio, tenendo stretta la mano al fratello.
Ernesto Cravero, docente della Federico II, sul sito di Noi Consumatori, conferma il racconto di Mirella: «Ritorno verso il ferito, ....( per continuare clicca su "leggi tutto")il poveretto non si muove più, la donna che era con lui piange in silenzio. Sento delle sirene, penso: è l´autoambulanza. No, è una volante. Sono disorientato...eppure l´ospedale dei Pellegrini è lì a 100 metri. Chissà, portarvi quell´uomo a braccia o in barella. Alle 20 gli addetti della funicolare chiudono le porte a vetro per isolare quel poveretto che è ancora lì e non si muove più». La sparatoria è avvenuta tra le 19.30 e le 19,40: trenta minuti prima. L´accusa di Mirella è dura: «Se era italiano sarebbe stato diverso. Agli italiani noi romeni facciamo paura e ci lasciano morire». E Mirella, piccola donna vestita di nero, con le ciabatte aperte e due cerchi d´oro alle orecchie, in Italia da tre anni, non trova spiegazione né tregua. «Mio marito è morto per 8 euro. Tanti erano i soldi che aveva in tasca. Tanti i soldi che racimoliamo ogni giorno e spediamo quasi tutto in Romania, dove c´è la mia bambina». Petru e Mirella hanno due figli, la più grande ha 10 anni, il più piccolo ne ha 6 e vive a Napoli. «Ma non lo portavamo quasi mai con noi al lavoro», fa notare Mirella. Lavoro? Petru suonava la fisarmonica sulla Cumana, ma era un calciatore. Mirella mostra la carta di identità del marito e racconta: «Era un centravanti del Poli Iasi, serie A rumena. Amava seguire le partite del Napoli e quando poteva giocava con i bambini, insegnava a giocare a calcio anche agli italiani. Perché Petru era romeno, non rom». Quando pronuncia la parola "italiani" grida: «Gli italiani vogliono ammazzare anche me. Non ho visto niente, niente... ma ero lì e la mafia ora mi sta cercando».
Un motorino sfreccia nel viale e lei scoppia a piangere. Un attimo dopo una sirena. Mirella si rannicchia e poi balza in piedi. I rumori della paura fanno affiorare i ricordi: «Siamo alla stazione. Sentiamo gli spari. Petru mi afferra e dice: "Corri". Vedo il sangue, ma lui mi dice che è solo un graffio e che devo correre. Fino alla fine ha pensato a me, a salvare me...a lui non ha pensato nessuno e io non potevo fare niente». Torna la rabbia, appannata dall´impotenza. Ora accanto a Mirella c´è suo fratello, una interprete romena, Elisabeta, Enzo Esposito dell´Opera Nomadi, Federico Zinna e Carlo Parato del Partito Identità Romena della Campania. Chi è accanto a Mirella ha già avviato la domanda in Prefettura (che si è già attivata) perché Petru sia riconosciuto vittima di mafia, mentre il Comune si è offerto di organizzare il trasferimento della salma in Romania. Ma Mirella non riesce a seguire niente. Si prepara a passare la notte piangendo, senza che le sue lacrime sfiorino mai il corpo di Petru, come vuole la tradizione. Telefona in Romania: «Preparate il vestito da sposo di Petru. Deve essere tutto pronto, per il funerale. Torniamo a casa presto, per sempre».

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