mercoledì 27 ottobre 2010

Classe (per nulla) dirigente


Riportiamo di seguito una lucidissima analisi di un importante e autorevole commentatore e studioso nazionale che è davvero utile per capire la situazione dell'Italia!
Classe (per nulla) dirigente
di Angiolo Panebanco da il Correre della Sera)(26 ottobre 2010)
Rivolte urbane, guerriglie notturne (guardie padane contro immigrati)), sindaci alla mercé delle piazze e della pancia degli elettori.
Di nuovo la Lombardia. Di nuovo gli immigrati. Governo, Regione, Milano, si difendono attaccando la sinistra e adesso anche l’ambiguità di Fini e magari è vero che le responsabilità sono di tutti. Ma resta che la Lombardia non si sa tirare fuori da una situazione che, come ha scritto accoratamente E.Gallo Delle Loggie su questo giornale umilia l’Italia intera. Il vero dramma del Nord del paese non consiste nei gravissimi problemi che lo attanagliano. Consiste nel fatto che le sue classi dirigenti (politici, imprenditori, professionisti, intellettuali) siano incapaci di cercare soluzioni e rimedi. Nel politichese di alcuni anni fa si sarebbero dette prive di «progettualità», fallite. Non perdono un colpo quando si tratta di accusare Roma, lo Stato, di avere «abbandonato il NORD»: un’espressione che testimonia di uno stato di minorità, psicologica e culturale (sono i minori quelli che non si possono abbandonare).
Ma ne perdono tanti quando si tratta di lavorare per cambiare le cose.
Nel centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia constatiamo che l’unità scricchiola, che si sentono rumori sinistri. Se non ci saranno novità la democrazia, così come funziona nel Nord, e l’unità del Paese potrebbero presto entrare in rotta di collisione. L’esperienza storica ci dice che, spesso, la democrazia è un’ottima cura per molti mali: col tempo, fa fiorire una società civile basata sulla cooperazione e la fiducia, fa crescere il capitale umano e sociale, promuove lo sviluppo. Ma non ovunque.
Di certo, sessant’anni di democrazia non hanno portato quei doni al Nord.
La democrazia è servita al Nord, più che per curarsi degli antichi vizi, per accrescere il proprio potere contrattuale nei confronti dello Stato e delle regioni meno sviluppate. Senza il Nord non si vincono le elezioni nazionali e questo dà a chi difende il Nord così come è oggi una fondamentale arma di ricatto nei confronti di qualunque coalizione politica nazionale, di destra o di sinistra che sia.
Le voglio proprio vedere, ad esempio, certe Regioni del Nord (quelle con i migliori conti in attivo nella Sanità) accettare senza fiatare il passaggio dalla spesa storica ai costi standard e dotare il Sud delle loro strumentazioni (tac ecc.)come prevede il progetto del federalismo fiscale, ben sapendo che ciò comporterebbe una drastica contrazione di risorse e l’obbligo di porre fine al denaro che arriva dal Mezzogiorno attualmente incapace di offrire ai suoi cittadini le stesse prestazioni sanitarie e ai soldi statali per le quote latte.
È in questo senso che unità del Paese e democrazia nel Nord rischiano di diventare incompatibili. Non si può avere una questione settendrionale perenne: alla lunga, si finisce per disfare ciò che il Risorgimento ha creato.
L’aspetto più grave non sta nella protervia dei maneggioni ma nei pensieri e nelle parole di tante persone per bene. Chiunque scriva di Nord sa di cosa parlo.
Quando si toccano questi argomenti si ricevono tanti messaggi dal Nord, spesso di professionisti o di insegnanti. Persone istruite, che fanno opinione nei rispettivi ambienti. Persone capaci di fare l’apologia del regno Savoia, di trattare Cavour e Garibaldi come criminali di guerra, di liquidare la storia dell’Italia unita come il frutto di un’odiosa colonizzazione di affermare che “il tricolore serve per pulirsi il culo”.
Questa forma di autoassoluzione, condita di leggende nere sull’unità d’Italia le gesta dei condottieri padani è, da sempre, la maledizione del Nord. Se non se ne libererà non cambierà mai nulla. E dei «doni» della democrazia resterà solo una capacità di ricatto sempre meno sopportata dal resto del Paese.

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