martedì 19 gennaio 2016

Di elezioni di Sindaci di Napoli ( e non solo) e del..... FUNERALE DELLA VOLPE

SI avvicinano le ELEZIONI per ELEGGERE IL SINDACO di Napoli. Seguiamo i quotidiani locali e i "dibattiti" sui social (facebook in particolare) le divisioni tra e nei partiti e ...come in passato.... prepotentemente...torna alla mente una splendida favola per bambini di Gianni Rodari. La riporto di seguito… IL FUNERALE DELLA VOLPE Una volta le galline trovarono la volpe in mezzo al sentiero. Aveva gli occhi chiusi, la coda non si muoveva. – È morta, è morta – gridarono le galline. – Facciamole il funerale. Difatti suonarono le campane a morto, si vestirono di nero e il gallo andò a scavare la fossa in fondo al prato. Fu un bellissimo funerale e i pulcini portarono i fiori. Quando arrivarono vicino alla buca la volpe saltò fuori dalla cassa e mangiò tutte le galline.La notizia volò di pollaio in pollaio. Ne parlò perfino la radio, ma la volpe non se ne preoccupò. Lasciò passare un po’ di tempo, cambiò paese, si sdraio in mezzo al sentiero e chiuse gli occhi. Vennero le galline di quel paese (disgraziatamente per loro erano nel target del 70 per cento di galline che non leggono mai i giornali…) e subito gridarono anche loro: ” È morta, è morta! Facciamole il funerale“. Suonarono le campane, si vestirono di nero e il gallo andò a scavare la fossa in mezzo al granoturco. Fu un bellissimo funerale e i pulcini cantavano che si sentiva anche in Francia. Quando furono vicini alla buca, la volpe saltò fuori dalla cassa e si mangiò tutto il corteo. La notizia volò di pollaio in pollaio e fece versare molte lacrime. Ne parlò anche la televisione (con gli speciali di Porta a Porta, Ballarò ,Di Martedi, Piazza Pulita e perfino una trasmissione napoletana). Ma la volpe non si prese paura per nulla. Essa sapeva che le galline hanno poca memoria e campò tutta la vita facendo la morta. E chi farà come quelle galline vuol dire che non ha capito la storia.


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sabato 2 gennaio 2016

L'Analfabeta politico

Buongiorno a tutti/e.... ero indeciso su cosa e A CHI DEDICARE il mio PRIMO POST del 2016.... alla fine ho optato per la DEDICA a quella parte di persone che con definizione un po provocatoria vengono definite "Popolo Bue". Ormai sono prossime le elezioni amministrative anche qui a Napoli ..mi è sembrato utile riportare qui uno scritto di Bertold Brecht che può essere per tutti noi un ottimo spunto di riflessione.....


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lunedì 9 novembre 2015

Napoli Demagistris Giletti i Partiti e la...Danza Immobile 'UNA CITTÀ PRONTA A ESPLODERE'

Pubblichiamo di seguito l'intervista la presidente di Pangea Blu rilasciata a it.Blastingnews.com...... Luca Stamati di Pangea Blu richiama l'attenzione su problemi reali e assenza della politica 'Qui si pratica una danza immobile' Della città di Napoli ne parla Luca Stamati, ex assessore provinciale all'ambiente della giunta Lamberti, attualmente fondatore e animatore dell'associazione Pangea blu, che si occupa dei diritti dei lavoratori e della tutela del territorio. Stamati ne parla spesso sui social del distacco forte e cronico che si è creato tra la città e la politica. Ma non smette di credere in una inversione, possibile e auspicabile, con la politica che fa il suo mestiere e la popolazione che responsabilmente contribuisce a migliorare la condizione propria e della città. Per Stamati sono tre i punti sui quali bisogna puntare con urgenza per portare Napoli fuori dal baratro. La questione lavoro, la bonifica e il riassetto idrogeologico del territorio, i rifiuti. “Si punti ad avere finalmente una raccolta differenziata degna di questo nome – chiede Stamati – completando il ciclo con i necessari impianti di compostaggio. E smettiamola di dare soldi agli olandesi mandando rifiuti lì. Sappiamo tutti che facendo funzionare a pieno regime l'inceneritore di Acerra, con una differenziata anche solo al 50% e due impianti di compostaggio, risolviamo definitivamente il problema”. Pangea Blu non è impegnata in prima linea nel dibattito politico ma non è escluso nemmeno un coinvolgimento. A Napoli l'appuntamento con le prossime amministrative si annuncia più nebbioso del precedente. Allora c'erano i movimenti e un grande fermento in città che inneggiava al cambiamento, alla rivoluzione arancione. Oggi? “Oggi c'è una danza immobile - risponde Stamati -, tutti si muovono ma non si muove nessuno. Con un sindaco che usa la città come trampolino di lancio per sua carriera politica nazionale, una opposizione che non c'è e non c'è stata, un centrodestra spaccato, un Pd in cui non appare uno con una visione della città e i Cinque Stelle chiusi nel loro dorato mondo ma non si sente nulla sulla città”. La conclusione dell'ex assessore provinciale è una accusa chiara e precisa: “Stanno sottovalutando la gravità della questione. Napoli sta per esplodere. Una metà dei napoletani non vanno a votare, tra cui disoccupati, giovani, precari, pensionati, tutte persone che sono invisibili e non c'è uno che tenti di parlare a questa gente e l'informazione certo non aiuta, possibile che si parla di disoccupazione sui giornali e nelle tv solo quando si blocca il traffico o si minaccia il suicidio?”. 9 novembre 2015 di MARZIO DI MEZZA
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venerdì 4 settembre 2015

Il perenne “Paradiso abitato da diavoli” - Napoli e Sud

Buongiorno amici e Ben trovati...spero abbiate trascorso buone vacanze. Il mio rientro coincide con la lettura dell'Espresso di questa settimana e con un splendido editoriale di Luigi Vicinanza. Spero di fare cosa utile condividendo questa riflessione con voi... di qui alle prossime elezioni amministrative di Napoli ci sentiremo con più frequenza.

Il perenne “Paradiso abitato da diavoli” di Luigi Vicnanza Un paradiso abitato da diavoli questo Mezzogiorno renziano. Delizia e dannazione. Serbatoio di voti preziosi e fucina di emergenze perenni. Terra incognita, dove si amplificano tutti i mali di una nazione. Persino Roma si è risvegliata all’improvviso meridionalizzata. Sotto gli sguardi distratti delle sue classi dirigenti, lontana dalla passione civile che anima la sua intellettualità. Mafia Capitale ed è stato uno choc, tra chi ha provato a negare la natura mafiosa del malaffare e chi si è ostinato a non capire, primo tra questi l’evanescente Marino. Il sud dunque come dimensione dell’immobilismo tumultuoso. Distillato di problemi da aggredire senza che ciò mai accada. È stato così negli ultimi trent’anni. Un destino da ribaltare, nella stagione del premier-segretario, con timidi segnali di calo della disoccupazione e il Pil in ripresa di uno zero qualcosa. «Dobbiamo uscire dalla cultura della rassegnazione», disse Renzi un anno fa, vigilia di Ferragosto, nella sua prima visita da capo del governo nelle grandi città meridionali. «Il vero problema del Mezzogiorno è la mancanza di politica, non dei soldi», ha sottolineato un mese fa davanti alla direzione del Pd convocata d’urgenza. Era il 7 agosto, un venerdì immediatamente prima del liberi tutti. Titoli assicurati nei tg e sui quotidiani sull’onda dello stupore suscitato dai dati contenuti nel rapporto Svimez: il Sud - è la tesi degli analisti della storica associazione di ricerca sulle condizioni economiche del Mezzogiorno - sta messo peggio della Grecia. Dal 2000 al 2013 le sette regioni dell’antico regno borbonico con l’aggiunta della Sardegna hanno segnato un incremento della ricchezza di un misero 13 per cento del Pil contro il 24 della semifallita Atene. Peggio, molto peggio della grande ammalata d’Europa. Strano destino per questo nostro pezzo d’Italia: per mesi l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale è stata giustamente concentrata sulle sorti della vicina Grecia e dunque sulla capacità di resistenza dell’euro. Mentre da anni il Mezzogiorno d’Italia è alla deriva, prigioniero di una secessione non dichiarata ma praticata nei fatti dalle classi dirigenti di qualsiasi area geografica del Paese. Dunque, “È sparito il Sud”, titolo di copertina del numero di questa settimana. I servizi di Federica Bianchi, Marco Damilano, Sabina Minardi e l’opinione di Cesare de Seta analizzano le cause di un fallimento sociale, politico, economico e persino culturale: dalla dissipazione dei fondi europei (raccontiamo le vicende incrociate di Crotone in Calabria e di Rzeszów in Polonia); alla conflittualità della politica (per la prima volta tutti i presidenti delle regioni meridionali sono targati Pd, ma in continuità con il passato come insegna la Sicilia di Rosario Crocetta); fino all’ultima bandiera strappata dell’orgoglio sudista: la cultura. Costretta ad emigrare insieme alla meglio gioventù. È in crisi anche la formazione del capitale umano coltivata in atenei con sempre meno soldi e meno studenti. È l’altra faccia della desertificazione del Sud. Da “l’Espresso” un contributo di informazioni al dibattito nazionale che Renzi aveva auspicato in quella riunione di inizio agosto. Alla quale sarebbe dovuto seguire un’assemblea degli “stati generali” del Sud di cui nel frattempo si è persa traccia. Il presidente del Consiglio invece parlerà a Bari all’annuale fiera del Levante sabato 12 settembre. Come prima di lui hanno fatti tutti i capi del governo della prima e della seconda Repubblica. È atteso un masterplan con, si spera, interventi e tempi definiti. Benvenuto al Sud. Colpisce, nella retorica del Partito democratico, un dato di fatto: il meridione è assente dal programma ufficiale della Festa nazionale dell’Unità. A Milano nei 13 giorni di incontri e dibattiti governatori e sindaci del Sud sono stati tenuti alla larga. Solo sabato 5 settembre, informa “il Mattino” di Napoli, è stato ricavato un buco: in un orario non proprio di punta, le 10 del mattino, ci sarà un seminario coordinato da Debora Serracchiani, vicesegretario del partito ma innanzitutto presidente del Friuli Venezia Giulia. E gli ingombranti Emiliano e De Luca? “Un paradiso abitato da diavoli” è il titolo di un celebre discorso pronunciato dal filosofo Benedetto Croce. Era il 1923, quasi cent’anni fa…
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