giovedì 3 giugno 2010

Dal Lago contro Saviano e polemiche a sinistra


Riportiamo oggi la nostra lettera sulla polemica Dal Lago -Saviano inviata al corriere del mezzogiorno e pubblicata martedì 01-giugno 2010 con la risposta del direttore del quotidiano Marco Demarco.

Da sinistra critiche a Dal Lago. Intanto esce un altro pamphlet
(di Luca Stamati da il Corriere del Mezzogiorno – Risponde Marco Demarco)

Caro direttore, ho letto tutto d’un fiato il suo articolo dal titolo «Anche da sinistra critiche a Saviano», (Corriere del Mezzogiorno del 25 maggio).
All’interesse, man mano che continuavo la lettura, si è sostituita una forte curiosità, tanto forte da decidere di andare a comprare il libro di Alessandro Dal Lago per leggerlo il prima possibile. L’ho letto, il libro, e siccome non riuscivo a «giustificare» l’iracondo e «metadiegetico» furore critico del valente studioso contro l’«eroe di carta» Saviano, l’ho riletto con meticolosa attenzione. Ma non riuscivo a darne una giustificazione plausibile. Allora, le confesso, ho lasciato perdere.
Poi l’altra sera, all’improvviso, un ricordo di gioventù è affiorato alla mia mente e c’è stata l’illuminazione. Si tratta di un aneddoto che potrebbe fornire una spiegazione convincente all’intemerata di Dal Lago.
Ricorderà che qualche decennio fa il giornale, che leggo regolarmente per affetto e adesione ideale e che poi è lo stesso che ha editato il pamphlet di Dal Lago, il manifesto, aveva una famosa rubrica delle lettere. Famosa per i suoi contenuti e perché giornali più grandi e più diffusi, il Corriere della Sera e la Repubblica, la usavano come spunto per avviare dibattiti sotto l’ombrellone durante i poco avvincenti, dal punto di vista delle notizie, mesi di luglio e agosto. In una di quelle soleggiate giornate al mare ricordo che proprio il Corriere della Sera dava conto di una lettera al direttore de il manifesto che, in pieno dibattito femminista, riportava le lamentele di una lettrice che scriveva, cito a memoria, più o meno così:
«Caro direttore, mio marito è di sinistra, legge da sempre il manifesto eppure si comporta da perfetto maschilista… come mai?».
La risposta, fulminante e piena di buon senso, di Valentino Parlato era, anche qui vado a memoria, più o meno questa:
«Cara compagna, abbiamo discusso molto tra di noi in redazione a chi toccasse, se a una donna o a un uomo, rispondere alla tua lettera e al tuo quesito, ma alla fine abbiamo deciso che non avesse importanza data l’unanimità di giudizio di tutti e tutte noi. La risposta è semplice… anche chi è di sinistra e legge il manifesto tutti i giorni può essere un coglione!».

risponde Marco Demarco

Un po’ di sarcasmo e qualche goccia di memoria personale: così anche Dal Lago è sistemato. Giusto? Mi dispiace, ma non ci sto. Ho conosciuto una sinistra che non si fece troppo scrupolo di polemizzare duramente con Giovanni Falcone al tempo della istituenda procura nazionale antimafia. E non riesco a capire perché oggi questa stessa sinistra consideri un «coglione» chiunque abbia dubbi sulla mitizzazione di Roberto Saviano. Anche Falcone era sotto scorta, e anche Falcone era stato oggetto di un fallito attentato all’Addaura. Ciò nonostante, la sinistra, senza paura di delegittimarlo, gli preferì Agostino Cordova, il quale a quel tempo appariva più affidabile. Se la regola prevede di non mettere mai in discussione chi è esposto sul fronte antimafia o è in pericolo di vita, come mai non fu rispettata nel caso del giudice palermitano e viene invece invocata oggi? La verità è che nessuno può sfuggire a un giudizio pubblico quando pubblico è ormai il suo ruolo. Tanto più legittima, poi, è la discussione sulla dimensione letteraria di Saviano. Qui il campo è aperto, ed è giusto che sia così. E se Dal Lago tira fuori la sua matita rossa, ecco che proprio di questi giorni è un altro pamphlet di un critico di professione che invece promuove, pur se senza lode, l’autore di Gomorra. Il critico è Giulio Ferroni, il quale nel suo libro Scritture a perdere (Laterza), si scaglia contro lo «scorrevole nulla» che caratterizza troppi scrittori contemporanei. In modo particolare Ferroni fa a pezzi autori che il successo ha reso intoccabili. È il caso di Paolo Giordano, per la «sospensione dolciastra» che ne fa un clone di Susanna Tamaro; ed è il caso di Margaret Mazzantini, «per il narrare sciatto e le forme rozze, eccessive e banalmente caricate». La censura cala impietosa anche su tutto il genere New Italian Epic a cui, secondo molti, apparterrebbe lo stesso Saviano. Tuttavia, nella voce di quest’ultimo, Ferroni vede molti dati positivi.
«L’originalità di Gomorra — scrive — non sta soltanto nella nominazione del male, nella diretta indagine sullo sfacelo a cui una parte d’Italia è stata ridotta al dominio della criminalità… l’autenticità della testimonianza va assai oltre i limiti di quello che a uno sguardo esterno potrebbe apparire come un’inchiesta giornalistica o un saggio sociologico». Come dicevo, però, anche Ferroni aggiunge che «non si può scambiare Gomorra per un assoluto capolavoro letterario». E ancora peggio dice del film omonimo di Garrone. Insomma, nessun timore reverenziale. A questo punto un buon segno per tutti sarebbe un confronto tra Dal Lago e Ferroni. Forse solo così la discussione su Gomorra e Saviano potrebbe prendere la piega giusta.

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